Recensione "L'orchestra rubata di Hitler" di Silvia Montemurro

 


Buonasera lettori e bentornati per questa nuova recensione.

Oggi vi parlo di una ragazza speciale, dalla spiccata sensibilità e un’autrice di alto livello per me. Scrive romanzi che si alternano tra presente e passato, lasciandosi ispirare da vicende realmente accadute che la colpiscono particolarmente. Tutte le sue storie sono ambientate negli anni della seconda Guerra mondiale. Dalla Guerra partigiana alla Shoa.

Ecco, quindi, che vi presento senza ulteriori indugi il suo ultimo romanzo. “L’orchestra rubata di Hitler” e l’autrice di cui sto assiduamente parlando è Silvia Montemurro.

Confesso che non vedevo l’ora di ricensirlo anche se finirlo mi ha lasciato un nodo alla gola e completamente in trance. Divisa tra la gioia immensa ed il dolore più grande.

 

 

 

“Non ti ho salvata, Adele, pensai. Non ho riportato da te questo violino. Non ti ho tirata fuori dall’errore che stai vivendo. Perchè non posso cambiare il corso della storia. Posso solo omaggiare il tuo strumento come merita. Posso solo farlo vivere, ancora una volta, come avresti voluto tu.

Attaccai con il mio pezzo. Il palloncino mi scoppiò in gola e il lupo attaccò.

Le note della sinfonia di Sostakovic si espansero in quello stanzino.

Immaginai una grande orchestra, intorno a me, formata da tutte quelle persone che avevano perso la dignità per colpa di un solo uomo. Stavamo suonando tutti insieme, stavamo usando la musica come se fosse la nostra più potente arma. Ed era così”.

 

TRAMA:

 Berlino, anni Trenta. A Elsa hanno sempre chiesto di obbedire, di fare prima la brava bambina, poi la perfetta moglie tedesca. Intorno a lei, molte donne hanno fatto lo stesso, pronte a servire il Reich accanto ai loro uomini invincibili. Ma l'equilibrio fragile sul quale è costruita la sua vita sta per spezzarsi: suo marito Heinrich, ufficiale delle SS, ha ricevuto un importante incarico segreto, e per la prima volta non è disposto a parlarne con lei. Per scoprire di cosa si tratta, una sera lo segue di nascosto, lo vede entrare in un appartamento, parlare con un superiore, infine trafugare la custodia di un violino. Non un violino qualunque: un Guarneri del Gesù, uno dei pochi esistenti, dal valore inestimabile. Ma Elsa vede anche un'altra cosa: la foto della ragazza che possedeva quello strumento, nei cui occhi riconosce una sofferenza comune. Decide così di cercarla, a qualunque costo, anche se questo significherà mettersi in grave pericolo e gridare la sua voglia di libertà in faccia all'uomo più pericoloso che il Novecento abbia conosciuto. Riportando alla luce uno dei crimini meno noti della storia nazista, Silvia Montemurro compone e dirige un'opera a due voci, quelle di due donne divise dalla Storia e unite dalla musica.

 

Quando ho conosciuto i libri di Silvia lei parlava di farfalle, miti giapponesi e purificazione dell’anima. Poi è passata a parlare di fiori, di Shoa e tempi di contrabbando. Amore e sacrificio, amicizia, solidarietà. Poi sono tornata indietro ed ho scelto di leggere “cercami nel vento” che si distacca completamente dalla tematica Guerra, si parla di amore, quello vero, capace di andare oltre a tutto, di paura, di vita, di insegnamenti. E adesso mi ritrovo tra le mani questo, la storia di due donne di “razza” e culto diverso unite dalla musica ma divise dalla Guerra. Una perfetta armonia a due voci diretta magistralmente da Silvia, che con la sua bacchetta da direttore d’orchestra ha saputo dar voce e coraggio alle nostre due protagoniste.

Quando si parla di Shoa viene in mente: Nazismo, Hitler, deportazione. Pochi sanno davvero cosa sia successo in quei campi e cosa provarono coloro che vi capitarono, se non i malcapitati stessi. Di certo, si dice tutto della storia, guide turistiche accompagnano a visitare i vari campi e raccontano della vita e le atrocità che venivano riservate ai loro “ospiti”, ma credo che nessuno, fino ad oggi, grazie a Silvia, sapesse che agli ebrei non solo veniva tolta la loro dignità e identità diventando un numero, non solo venivano privati dei loro oggetti personali una volta arrestati ma anche derubati della loro musica e della possibilità di praticarla.

Si sa, gli ebrei sono bravi medici, ottimi usurai ed hanno anche le doti per le belle arti. Hitler li odiava, voleva toglier loro qualsiasi cosa, più di tutti, la loro agiata posizione sociale. La chiamava “Germania libera”. Mise infatti su una squadra speciale per svuotare tutte le case tedesche e dei terrori conquistati di spartiti e strumenti. In particolare Silvia nomina un violino, il più prezioso e antico, il Guarneri del Gesù.

Questo è sicuramente più prezioso e suggestivo come romanzo poichè non parla semplicemente di Guerra o deportazione ma è la testimonianza di un vero e proprio crimine. Uno dei tanti compiuti in quel periodo. Non si tratta di una storia vera ovviamente. Elsa ed Adele non sono realmente esistite ma sono le voci narranti di questo evento realmente accaduto.

Elsa è simbolo di coraggio, il coraggio di ribellarsi e vedere le cose non come vogliono che tu le veda ma come queste realmente si presentano. È solidarietà, mette a rischio la sua vita per una donna che neanche conosce ma alla quale si sente legata per sofferenze e passioni comuni. Si batte per la musica, per ciò in cui crede, rappresentante di tutte quelle donne che hanno avuto il coraggio di compiere sacrifici per ideali e diritti.

A questo proposito c’è una scena che mi ha colpito di Elsa, anzi due, la prima è ambientata in un rifugio sotteraneo anti bomba, lei con il suo violino e altre mille persone, accetta di suonare per allietare quel momento difficile, nonostante la musica sia proibita. L’atmosfera magica che crea questa donna ed il grosso potere curativo che la musica rapprensenta mi hanno lasciato di sasso. La seconda, invece, sempre la nostra protagonista con in mano un violino che mentre suona si immagina una grande orchestra, l’uomo più temuto del 900 battuto con delle note anzichè con i fucili.

Adele, invece, è un’altra fortissima donna, privata di diritti, dignità e identità, lei è un numero, sporca, stanca, sfinita, diventa l’ombra di se stessa, un gioco che si inventa per sopravvivere ad orrori e suprusi subiti da lei stessa. La salvano il ricordo delle sue adorate Marche e dei suoi parenti, la musica, un bambino e un uomo alto, biondo e dagli occhi azzurri. Per sopravvivere bisogna avere degli obiettivi.

Senza neanche farlo apposta la scena più bella riguarda sempre la musica. Il coro di bambini a cui viene affidata come insegnante e selezionatrice delle voci migliori, in cui lei, cerca di salvare più piccole vite possibili. Questa scena mi ha ricordato la prof di storia che mi diceva che fra di loro si salvavano alcuni musicisti e chimici. Questo mi riporta alla mente un altro grandissimo film che mi suscitò non poco orrore, il pianista.

Ciò, però, che porta Silvia un gradino più in alto di sempre è come racconta tutta la vicenda, riesce, attraverso un’ampia e accurata descrizione degli scenari e le emozioni delle due donne, a portarci a toccare con mano questo grande scempio, lasciando una sensazione di shock al lettore non indifferente. In più aggiunge un particolare non da poco, divide il libro in quattro parti, iniziando a dar voce ad un bambino, amante della musica spaventato da un padre severo e violento, convinto da lui stesso a portare avanti forti ideali, un bambino che crescendo diventerà uno dei più grandi oratori e temuti dittatori della storia, portandoci a conoscere la sua mente contorta e decisamente tormentata.

Complimenti a Silvia, l’ho appena finito con qualche lacrimuccia e sarei già pronta a leggere nuovamente qualcosa di suo.

Mi sento di dirle grazie per avermi regalato questa storia e testimonanzia di quel tempo da cui voglio imparare e non dimenticare, per avermi fatto vedere come la Guerra trasforma gli uomini. Come divide amori ed amicizie. Quanto è importante saper pensare con la proprio testa. Lei è la scrittrice delle donne, la voce delle più fragili, della dignità ed il valore che ci meritiamo. Noi siamo donne e dobbiamo esserne fiere. Sopportiamo grandi dolori e diamo la vita. Siamo forti e non dobbiamo permettere a nessuno di farci mettere i piedi in testa, siamo indipendenti e intelligenti. Grazie, per ricordarcelo ogni volta con i tuoi romanzi.

“quando suono, esisto” diceva Adele.

“Quando scrivo, esisto” ha dichiarato Silvia.

Quando leggo e nuoto, esisto io.

Un immense viaggio che consiglio a tutti di compiere, tornare indietro nel tempo fa sempre comodo, si riuscisse anche ad imparare dagli errori del passato, non sarebbe male.

NON DEVE SUCCEDERE MAI PIU’!!!! 

 

 

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